Sola

Per chi ti fai bella?

Fino a qualche tempo fa, andavo al lavoro con un filo di trucco: cipria e un velo di ombretto. C’è da dire che potevo permettermelo, insomma, la mia età anagrafica contava poche decine e non sentivo ancora la necessità di coprire rughe e cedimenti cutanei sparsi qua e là, ma il motivo principale per cui mi truccavo a malapena non era questo, anche perché non avrei mai rinunciato al mascara e al fard (un tempo si chiamava così, adesso se non lo chiami blush le commesse ti guardano male) nelle occasioni mondane. Il vero motivo era il sonno. Entravo sempre alla prima ora, le otto, dunque, per arrivare a scuola in orario mi dovevo svegliare molto presto. A malapena riuscivo ad accoppiare i colori e a non confondere lo zucchero con il sale, figurarsi se avrei rinunciato a qualche minuto in più sotto le coperte per potermi truccare di tutto punto. Ma andava bene così, come detto il mio aspetto risultava gradevole anche senza orpelli, ed andai avanti per tanti anni, fin ad arrivare ad oggi in cui il mio orario di entrata è stato spostato di qualche ora e, di conseguenza, anche la sveglia è diventata più clemente. Complice l’esigenza di dover coprire occhiaie e borse sotto gli occhi, figlie di una maturità non ancora del tutto metabolizzata, quasi per caso ho iniziato a curare i particolari del mio look, fino ad arrivare appunto al trucco, che da impercettibile, adesso è diventato il mio cavallo di battaglia su cui trotto instancabilmente per affrontare giornate dure e interminabili. Mi piace iniziare le giornate vestendo i panni della donna in carriera, truccata di tutto punto, che marcia decisa indossando un tailleur grigio topo e la ventiquattro ore, anche se in realtà, al massimo, mi concedo una gonna lunga e uno zaino sgangherato con dentro il Mac (che fa figo).

La nuova Simona, per un lungo periodo, è stata oggetto di discussioni fra i colleghi, che non capivano il motivo di tale cambiamento. Mi guardavano con sospetto, come se sotto ci fosse chissà quale segreto nascosto o verità inconfessabile, sorvolando sul fatto che, semplicemente, avevo deciso di truccarmi un po’ di più. “Cosa è successo alla Zarcone? Dov’è finita la rassicurante ragazzetta con la coda da cavallo e la carnagione emaciata?” Sebbene la spiegazione fosse sotto gli occhi di tutti, limpida come una mattina d’estate, nessuno riusciva a perdonarmi quella innocua trasformazione, finché un giorno una mia collega si prese coraggio e mi pose l’annosa domanda? “Ma per chi ti fai bella ogni mattina?”.

“Per chi ti fai bella?” (non solo ogni mattina) è diventato un ritornello stonato, che tollero solo da chi non mi conosce e che, inconsciamente, azzarda la carta della curiosità travestita da interesse. “Per chi ti fai bella?” è un modo subdolo per comunicare il proprio disagio verso un prototipo di donna diverso da quello standard, la femme fatale vestita con due gocce di Chanel n° 5 che si agghinda esclusivamente per piacere a un uomo, pronto a scartarla come un cioccolatino pralinato, molto diversa dal tipo di essere femminile al quale mi sono sempre ispirata, vale a dire quella a cui piace curare il proprio aspetto a prescindere da chi la guarda o possa apprezzarla. Piacere agli altri è un’ottima cosa, piacere a un uomo in particolare è un’ottima cosa, piacere a se stessi è un’ottima cosa, ma non sempre “piacere” è il fine ultimo delle nostre azioni. Ogni mattina, io, mi faccio bella perché è una possibilità, che scelgo tra l’essere trascurata e il non esserlo, senza per questo ricercare approvazione e consensi. Mi trucco per lo stesso motivo per cui mi vesto, vale a dire per coprire le mie nudità, e non c’è niente di più nudo di un viso acqua e sapone che non sempre si ha voglia di mostrare. Per cui, quando qualcuno mi chiede, con quell’aria supponente e maliziosa, per chi mi sono fatta bella, io divento pazza, e mi dispiace quando a pormela è una persona innocente che, per un istante, ha staccato la spina del cervello e non ha preso in considerazione la possibilità che io pazza lo sia davvero. Mi dispiace soprattutto perché “Per chi ti fai bella?” è una delle domande che detesto di più, insieme a “Devi stare tutta la vita da sola?”, e quando l’ascolto, capita che rispondo in maniera spropositata, e mi dispiace perché poi la gente ci resta male. Non mi sono fatta bella per nessuno, porca miseria, stamattina mi andava di applicarmi il rossetto rosso Valentino e il blush sulle gote, anche se devo solo andare a fare la spesa, che ti frega? Non mi sono fatta bella neanche per me stessa; che poi, diciamolo francamente, mentre me lo stai chiedendo, non stai mica pensando che io sia bella, anzi, forse tutto il contrario. Ma devi rompere per forza i maroni, ti devi fare i fatti miei, mi devi molestare, devi insinuare che voglia sedurre il panettiere o il veterinario del mio gatto, perché sei così mediocre da avere un unico, mediocre, punto di vista, antico, passato di moda, che vuole tutte le donne ammaliatrici incallite in qualunque ora della giornata. Se la gente ha bisogno di scovare scheletri anche dove non ci sono, cambierò le serrature dei miei armadi che ne sono sprovvisti, continuando a farmi bella, o almeno provandoci.

Se un giorno avrò voglia di stuzzicare l’interesse di un uomo, al contrario, non mi farò bella da subito; lui dovrà vedermi al naturale, del resto, se gli piaccio veramente un paio di occhiaie non lo faranno di certo scappare. Ecco, al massimo mi farò bella per lui, ma solo quando e se avrà avuto il coraggio di restare dopo avermi vista per quella che sono.

Nell’attesa, che potrebbe non finire mai, continuerò a farmi bella senza dare spiegazioni, anche perché, per quanto truccate e vestite bene possiamo essere, agli uomini poco importa, tanto ci guarderanno (forse non tutti) solo il culo. 

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Mi chiamo Simona Zarcone, ho 44 anni (portati benino), abito a Palermo, sono un’insegnante di sostegno (per scelta), istruttrice di fitness, appassionata di lettura, di scrittura, del buon vino e sono single, da sempre, o almeno da quando ho dismesso le armi da seduttrice incallita

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