Domenica

Ho sempre odiato la domenica, fin da quando ero piccola. Odio soprattutto le domeniche invernali quando, poco dopo pranzo, la luce, inesorabile, comincia a cedere il passo all’oscurità e ad una malinconia profonda. La domenica sera, poi, sa di lunedì, di fatica, lavoro e sudore, e sa di riflessioni sul senso della vita che non ci azzardiamo a fare durante gli altri giorni della settimana perché siamo troppo stanchi anche per pensare. Alla domenica preferisco il sabato, poiché è l’unico giorno in cui riesco davvero pigiare sul tasto pause, tuttavia se non esistesse la domenica, il sabato diventerebbe domenica e odierei anche lui. Ma la verità non è questa: la verità è che io odio la domenica perchè rappresenta il momento in cui non posso più fingere di essere troppo stanca o troppo impegnata per uscire e per vedere gente, cosa che da qualche anno rifuggo senza un valido motivo, e passo tutta la giornata a temporeggiare, a lasciare appuntamenti in sospeso, a dire “ci aggiorniamo”, “ti faccio sapere”, “ho un mezzo impegno ma se mi libero vi raggiungo con piacere (che non è una bugia perché il mezzo impegno ce l’ho vero, e a lui ho dico la stessa cosa)”. E la giornata mi passa così, tra un “ora mi vesto e scendo” e un “ma chi me lo fa fare”, in giro per la casa con le ciabette e il rossetto sulle labbra. Per fortuna i miei amici non se la prendono più quando diserto gli appuntamenti, anzi, ho il sospetto che ci provino gusto a mettermi in difficoltà, a tentarmi in modo subdolo con la carta del “dai che ti devo raccontare uno scoop, un aperitivo al volo, alle dieci sei a casa”, sapendo che non è quasi mai così. E io li ringrazio, perché quando mi convincono poi non me ne pento mai, (si, insomma, non diteglielo però alla fine mi diverto davvero), tuttavia la domenica successiva ricomincia tutto da capo, con questo autoboicottaggio semincosciente delle mie emozioni, in un ciclo infinito che sa di quotidianità. Tuttavia, non avrei mai immaginato che potesse andare finire così, che non avrei più ricevuto i messaggi della mia amica Stefania che, alle 11 del mattino, con l’allegria tipica del suo carattere, organizza aperitivi di gruppo pretendendo che io sappia cosa fare della mia vita da lì a sei ore, oppure che mi sarebbero mancati gli inviti alle serate sui gruppi fb che snobbavo dall’alto della mia apatia domenicale. Se solo avessi saputo che sarebbe andata a finire così, avrei preso quei treni, avrei fatto il pieno di voci e di allegria per questi tempi grigi, ma un’altra verità sapete qual è? Che, appena (spero al più presto), ricomincerà la vita normale, la domenica pomeriggio tornerò a trascinarmi per casa, intenta a cercare una scusa da dare a me stessa per restare a casa. Perché in fondo io sono fatta così, mi piace così, e non ci potrei rinunciare.
simozark@libero.it
Mi chiamo Simona Zarcone, ho 44 anni (portati benino), abito a Palermo, sono un’insegnante di sostegno (per scelta), istruttrice di fitness, appassionata di lettura, di scrittura, del buon vino e sono single, da sempre, o almeno da quando ho dismesso le armi da seduttrice incallita
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Il signor P.
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